Chiesa di S.Vito

chiesa s vito

All’interno dell’Acropoli di Civitavecchia, ben protetta dalle mura ciclopiche, troviamo, oltre che la Torre (detta ”di Cicerone”, da dove si gode un meraviglioso panorama), l’antica Chiesa di San Vito Martire.

1305. Atto del notaio Rainaldo Oderisio di Sora del 2 febbraio

1305 per la visita del vescovo di Sora Andrea Massarone, in cui si cita l'arciprete Leonardo di Civita Vecchia.
1308. Per la decima del 1308/10 la Chiesa di S. Vito pagava alla Santa Sede tarì 1 grani 16; tarì 2.
1313. Arciprete della Chiesa di S. Vito era d. Giraldo.
1379. L'abate Pietro de Tartaris di Monte Cassino conferiva il 3 gennaio all'abate Giovanni Infuso arciprete della Chiesa S. Vito, il possesso canonico di S. Lucia.
1591. La cappella dell'Annunziata nella Chiesa di S. Vito fu restaurata da Albano de Bellis. Il quartiere di Civitavecchia fu diroccato dal terremoto del 1654. 14/5/1594. La Chiesa di S. Vito è Chiesa di cura similmente (parrocchia). C'è la Confraternita del Corpus Domini.
11/6/1704. È indicata nella pianta di Arpino con Parrocchia di S. Vito a Civita Vecchia.
1755. Beneficiati della SS,ma Nunziata e di S. Maria Maddalena eretti nella parrocchiale Chiesa di S. Vito. Daniele Quadrini cantore della Cappella Pontificia in Roma cappellano della Cappella di S. Maria Maddalena (1734-805).
1762. Tre Benefici della parrocchiale Chiesa di S.Vito.
1764. La Cappella del SS.mo di S. Vito era tassata per once 115 e quella di s. Desiderio per once 4.
17/2/1779. Giovanni Michele Stoltz (1725-79) è l'autore della statua in legno di San Vito martire.
1795. Il Clero della Chiesa di S. Vito è formato da: don Marco Calandrelli arciprete; don Pietro Antonio Coccoli canonico; don Tommaso Viscogliosi canonico; don Romualdo Bianchi canonico.
1807. Arpino abitanti 9518. Parrocchia di S. Vito a Civitavecchia n. 800.
15/10/1819. L'Arcipretura di S. Vito: è parrocchia ed Arcipretura. L'Arciprete è il Parroco ed ha beni fondi.
10/5/1820. L'arcipretura di S. Vito non è di padronato comunale avendo rendite, si mantiene a proprio conto, nulla corrispondendole il Comune.
9/3/1865. La Chiesa parrocchiale di San Vito martire fu colpita da un fulmine e, fatiscente per vetustà, fu ricostruita più ampia ed elegante nel 1870. Lo stile è quello romanico con tre navate ad archi.
Dopo il terremoto del 13 gennaio 1915 fu eseguita una buona riparazione, nel 1928 rimettendo a nuovo la cupola e restringendo gli archi, troppo larghi con pilastri di cemento armato e travi pure in cemento armato nelle arcate delle navate laterali. Vi sono sette altari:
- a destra il primo è intitolato alla Madonna del Perpetuo Soccorso (tela cm. 100 x 80 dipinta in stile bizantino dall'arpinate Vincenzo Gabriele) ed è in legno; il secondo in muratura è consacrato a S. Maria Maddalena penitente (tela cm. 110 x 160 d'incerto autore, bello il disegno e le tinte, anche l'espressione piace; la testa pare troppo sproporzionata in piccolezza; fregio in alto alla cornice).
- a sinistra il primo, in legno, è della Vergine Addolorata ('immagine è in telo plastica e di scarso valore artistico, in nicchia); il secondo in muratura della Madonna del SS.mo Rosario, in nicchia (l'immagine della Vergine vestita di stoffa, la testa e le mani in plastica, il resto in legno e stoppia, senza piedi; il Bambino è tutto in plastica, anch'esso vestito di stoffa); il terzo in muratura è consacrato a San Vito martire, di stile romanico, con due colonne cilindriche reggenti un architrave, nel centro in una sagoma circolare la figura di S. Lucia V.M., affresco di trascurabile valore; in nicchia a statua di S. Vito martire (in legno policromato e dorato, bella e pregevole opera dello Stoltz).
Il Santo è in veste di guerriero, mentre dalle spalle gli scende indietro un ampio mantello rosso. La sinistra stringe la simbolica palma, mentre la destra si appunta sul petto. Lo sguardo è alquanto verso l'alto, espressivo e devoto, sereno e dolorante insieme. Sulla pedana posta a sinistra del Santo, l'elmetto, ed a destra il tradizionale, cane, che fissa il Martire; il quarto in marmo è dedicato al S. Cuore di Gesù e posto in nicchia. L'altare maggiore in marmo policromo con pala del cav. Giuseppe Cesari da Arpino (cm. 180 x 250 raffigurante i tre Santi Martiri: Vito nel mezzo, vestito da soldato romano; Modesto a destra ed a sinistra Crescenza, coniugi educatori del giovane Vito, entrambi avvolti in un ampio paludamento.
Il dipinto è incastonato in una larga e proporzionata cornice a stucco, ottimamente dorata dall'arpinate Pietro Coccoli nel 1883. In alto di essa due angeli, della stessa fattura, reggono una corona sporgente quello di destra, quello di sinistra, guardando, stringe una palma). Altre opere d'arte: il portale interno della porta vetrina (cm. 370 x 280 in legno, intagliato e dorato nei rilievi, stile corinzio sec. XVIII, che anticamente, riferisce una tradizione, era il fregio della pala dell'altare centrale); il Battistero (cm. 250 x 100 di legno, del medesimo stile del portale è chiuso da un'arca, un reliquiario (cm. 40 col piede, di legno scolpito e dorato, però non inventariato tra le opere d'arte);
la porta interna della sagrestia (cm. 170 x 70 per metà in alto intagliata e forata); un reliquiario (alto cm. 20 di lame dorato sec. XVII a forma di tempietto, che racchiude un osso del Santo Titolare); il soffitto della sagrestia (cm. 600 x 300 di legno intagliato e forse originariamente dorato sec. XVIII ora coperto con tinta a calce); il campanile, riedificato nel 1870 insieme alla facciata su disegno dell'arpinate Carlo Sangermano, in stille romanico, è sormontato dalla Croce; vi sono tre campane, la grande fusa nel 1746, la media nel 1875 e la piccola restaurata nel 1791; l'orologio aveva una magnifica mostra in marmo, con 12 numeri in cifre romane impiombate, frantumata da un fulmine nel 1893, ora in gesso cemento con numeri dipinti; riedificato nel 1980, perché colpito da un fulmine. Attaccata all’abside della Chiesa parrocchiale, si trova la Canonica, già Cappella o Chiesa dell'Annunziata (restaurata da Albano de Bellis nel 1591, iscrizione su pietra marmorea, ed ampliata dal pronipote Gregorio nel 1707); tutta rinnovata nel 1751: è ad una navata, con stucchi di stile barocco alla parete dell'abside dove era l'unico altare, in muratura dell'Annunziata con gradini di legno per i candelieri (l'immagine, ora trafugata dipinta su tavola cm. 180 X 115 del 1500 circa, di rozzo autore locale, dopo il terremoto del 1915 fu portata nella Chiesa del SS.mo Crocifisso, sita accanto alla Porta Ogivale).


Arcipreti della Chiesa di S. Vito:
1305 - Leonardo;
1313 - Giraldo;
1379 - Giovanni Infuso;
1558 - Giacomo Erricis;
1570 - Domenico di Jacomino;
1589/600 - Giovanni Antonio Rosa;
1647/73 - Francesco Francazio;
1673/78-Francesco Dragoni;
1678/89 - Clemente de Bellis;
1690 - Patrizio Simeoni;
1719/21-Patrizio de Simeonibus;
1722/23 - Francesco Taglione (economo);
1723/32 - Giovanni Battista Ranaldi (poi abate di S. Michele Arcangelo);
1732/44 - Giovanni Mancini;
1744/95 - Marco Calandrelli;
1796/97 - Romualdo Bianchi (vicario curato);
1798/807 - Giovanni Antonio Merluzzi;
1807/42 - Giovanni Mancini;
1842/80 - Michele di Stefano;
1880/85 - Cosma Carfagna (poi abate della Chiesa di S. Andrea);
1885/87 - Gaetano Carfagna (canonico);
1887/914 - Tommaso d'Aguanno;
1915/29 - Filippo Parisi;
1930/60 - Celeste de Arcangelis;
1960/75 - Giuseppe Sacchi;
1975/82 - Alfredo Bernini;
1982/2015 - Franco Ranaldi.


Secondo una tradizione locale il sacro edificio sarebbe stato innalzato sulle rovine di un tempio pagano dedicato a Venere Conciliatrice. La facciata è ricoperta da pietra locale (puddinga), sopra
l'ingresso principale della chiesa, troviamo un'iscrizione che tradotta recita: IL TEMPIO CITTADINO IN ONORE DI SAN VITO MARTIRE SQUALLIDO PER L'ANTICHITA' COLPITO E DANNEGGIATO DAL FULMINE IL 7 MARZO 1865 PIU' AMPIO E PIU' ELEGANTE DI ASPETTO IL PARROCO MICHELE DI STEFANO E L'ABITANTE DEL LUOGO RAFFAELE DE ARCANGELIS SI PREOCCUPARONO DI RESTAURARE DALLE FONDAMENTA CON UNA RENDITA DELLA CHIESA NELL'ANNO 1870.
I lavori si resero necessari dopo i gravi danni causati alla struttura da un fulmine nell'anno 1865.
L'interno a tre navate risulta quindi, rimaneggiato, non solo da questo recupero conservativo, ma anche dal restauro susseguente al terremoto della Marsica del 1915. Entrando, lungo la navata destra troviamo lo stemma della famiglia de Bellis, in alto una scritta ricorda i lavori eseguiti dalla Sovraintendenza alle belle arti nel 1980, dopo i gravi danni riportati dal campanile colpito da un fulmine la sera del 4 aprile del 1979. La canonica della Parrocchia sorge per buona parte sui resti della piccola cappella dedicata all'Annunziata, un tempo proprietà della famiglia Pesce e per la restante sull'area di sedime di un vecchio ossario, bonificata agli inizi degli anni Sessanta.
L'ultima festa di San Vito si è tenuta il 15 di giugno del 1931, anche se taluni aspetti si sono mantenuti per poi esaurirsi definitivamente intorno alla fine degli anni '40. Ogni 15 di giugno si intrecciava nel borgo di Civitavecchia una fiera di notevoli dimensioni, seguita dalla benedizione degli animali e dalla esorcizzazione dei posseduti dal male, più raramente da una processione e comunque, sempre da momenti di festa. Proprio il 15 di giugno del ‘31, alle prime luci dell'alba si anima la solita fiera; centinaia di capi di bestiame vengono fatti salire lungo i tratturi antichi, da tutti i paesi del circondario e quando transitano dentro Civitavecchia vengono benedetti da don Celeste De Arcangelis, da poco
parroco, dall'alto del ballatoio della casa oggi abbattuta, sita davanti a quello che era il Circolo
vecchio, all'imbocco tra via San Vito e via de Bellis.
Terminata la compravendita, quando i sensali hanno smesso ogni mediazione, intorno alle 10 si tiene anche la processione guidata dallo stesso Don Celeste, alla presenza di Mons. Luigi Ippoliti, l'organizzazione e la scelta delle posizioni sono affidati alla famiglia dei Cavaceci, donna Laura e la madre ci tenevano tantissimo. La sfilata parte dalla Chiesa e si snoda nel borgo con tre giri rituali a cui partecipano uomini e bestie, subito dietro i Santo vengono posti i soggetti da esorcizzare; tra il bestiame: 10 o 12 cani ritenuti "arrabbiati"' portati da alcuni sorani, alcuni buoi morsi da animali non identificati, un paio di vacche con tremori alle zampe e diverse pecore morse da lupi; tra gli umani:
3 donne invasate di cui una di Vallerotonda Sopita dal "ballo di san Vito", che sta con le mani legate per evitare che si strappi i capelli e graffi la faccia e 2 bambini di cui uno morso da un cane e un altro con tremori al viso e alle braccia. Seguono le Congreghe, in testa quella del Santissimo che porta in mostra su tre diversi cuscini il simbolo della corona per la regalità; quello del crocifisso per la sofferenza e la redenzione e quello della Palma per il trionfo della santità e del sacrificio sul male.
Al termine, sul sagrato di "San Vito", con le bestie che vengono legate alla staccionata che era posta di fronte alla Chiesa dove ora c'è il muro che fa da recinto, avviene l'imposizione dei Ferri agli invasati per esorcizzare la malattia.
Molto il trambusto per l'esorcismo sulla donna di Vallerotonda, una certa Eleonora sulla cinquantina, che sembra fosse stata in carcere per aver ucciso a Firenze in combutta con l'amante, il marito.
Come le vengono sciolte le mani, tenta prima di aggredire don Celeste, poi inizia a strapparsi le vesti e per evitare che si faccia del male debbono immobilizzarla in quattro, una persona per ciascuno degli arti.
Solo allora il parroco riesce ad avvicinarsi per scacciare il maligno e con forza le impone sulla fronte il "Ferro" più corto, quello che oggi risulta rubato, un grido inumano le esce allora di bocca e sviene per terra. Più tardi riprenderà coscienza, sembra liberata dal male.
Qua e là si accendono piccoli fuochi purificatori con l'intento di allontanare la malattia e auspicare prosperità e felicità esistenziale. Molti si fermano alla Porta a bere vino servito sulla bancozza e a mangiare le "ciammarughe" al sugo, cotte in gran quantità da Giuseppa, Assuntina, Luigia e Maria.
Intanto, sempre sul sagrato, qualche ragazza intona cori a San Vito.

chiesa s vito interno